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VEDERE BENE DA LONTANO E DA VICINO A QUALSIASI ETA’

Come posso fare per vedere meglio? L’occhiale è sempre l’unica soluzione disponibile? Sono destinata a peggiorare inesorabilmente con l’avanzare dell’età?

Leggiamo insieme questo approfondimento scritto per Olistica dalla dottoressa Maria Cristina Zandonella Necca.

Sono neuropsicologa e psicoterapeuta e da oltre trent’anni opero nel campo del Training Visivo applicando il Metodo Zandonella a migliaia di persone.

In questo ultimo decennio sto assistendo a un costante aumento di uso di occhiali progressivi, o lenti multifocali, anche in persone di poco più di quarant’anni che non ne hanno alcuna necessità. Queste lenti vengono prescritte per vedere a distanze diverse, da lontano a vicino con correzioni che variano sulla stessa lente.

Gli occhiali con lenti progressive vengono chiamati anche ‘’occhiali multifocali’’. Significa che con un’unica lente si corregge la visione per lontano (Infinito ottico, 6m) intermedia (70-1.50cm) e il vicino (40cm), questo è possibile con una costruzione particolare delle lenti che crea quello che viene chiamato ‘’canale di progressione’’, dove gli occhi scorrono per trovare i vari punti focali.

Le persone che indossano questo tipo di lenti la prima volta hanno spesso disagio, fanno fatica ad abituarsi, provano sintomi quali nausea, sbandamenti e vertigini, mal di testa e frequenti dolori cervicali che permangono nel tempo.

Ma lo specialista ha detto che mi devo abituare…” affermano, e così ricorrono al chiropratico o all’osteopata per avere sollievo al collo e alla schiena.

Alcune persone dopo qualche tempo cominciano anche a vedere doppio. Molti non vedono meglio e hanno un rapido peggioramento del loro difetto di vista.

Adesso si usano anche lenti per bambini che ostacolano il sistema naturale di messa a fuoco.

Si tratta di lenti con tecnologia DIMS (Defocus Incorporated Multiple Segments) che hanno una zona ottica centrale di 9 mm che corregge la miopia e segmenti di defocus positivo multipli, cioè aree semiperiferiche e periferiche in cui il bambino vede sfuocato. Come dire che il bambino vede bene solo in un cono centrale, tutto il resto è appannato.

Queste lenti vengono sperimentate per frenare la miopia bloccando l’accomodazione considerata il principale responsabile del difetto.

Come dire che per prevenire dolori ai piedi e alle gambe non si deve camminare.

Il dott.Basile e io abbiamo già avuto modo di visitare bambini che indossavano queste lenti e hanno sviluppato exoforia/tropia (strabismo divergente), disturbi dell’attenzione (ADHD), visione doppia (diplopia).

Per noi specialisti che abbiamo studiato per decenni la funzione visiva, tutti questi sintomi hanno un senso. E se invece di ricorrere alle lenti progressive facessimo in modo che l’accomodazione resti sempre attiva nel caso degli adulti? E se la regolassimo per favorirne l’azione naturale di messa a fuoco nel caso dei bambini? Penso sarebbe molto meglio!

Ma che cos’è l’accomodazione, a cosa serve e cosa succede se viene ostacolata?

In questo articolo proverò a rispondere a queste domande in un modo che sia comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

Se capite come fa il sistema visivo a mettere a fuoco a tutte le distanze, vi verrà voglia di tenere in esercizio la vostra vista.

Il processo d’accomodazione

La luce si propaga in linea retta.

 

Scomponiamo questo percorso in pochi semplici fattori: c’è l’oggetto visivo, che emette raggi di luce, i raggi di luce che viaggiano, e l’occhio che li riceve.

Il raggio incontra per prima la cornea, viaggia attraverso il foro pupillare e s’imbatte nel cristallino, una lente naturale che devia il suo percorso e lo convoglia verso il fondo dove si trova la retina.

Dalla retina poi la trasmissione avviene per via nervosa e arriva al cervello.

Quando l’occhio guarda un oggetto situato oltre 6 metri di distanza, riceve da esso dei raggi luminosi paralleli.

Il sistema di rifrazione è strutturato in modo tale da far convergere questi raggi in un punto preciso della retina, tappezzata da cellule nervose.

Il punto in cui convergono i raggi è la fovea dove si trova la massima concentrazione di cellule fotosensibili, i coni.

Quando invece l’oggetto è situato a una distanza inferiore ai 6 metri, i suoi raggi giungono all’occhio non più paralleli ma divergenti; allora è necessario che nella rifrazione oculare avvenga una modificazione adeguata a farli convergere.

Più l’oggetto è vicino maggiore è la divergenza dei raggi che raggiungono l’occhio.

Di conseguenza maggiore è la modificazione richiesta all’occhio per assicurare che il punto d’arrivo del percorso sia sempre la fovea della retina, dove si forma un’immagine nitida.

Questa modificazione che opera l’occhio in continuazione per mettere sempre a fuoco oggetti visivi situati a distanze differenti è detta processo di accomodazione.

Qual è l’organo principale responsabile di queste modificazioni dell’occhio?

Il cristallino che è la nostra lente naturale capace di cambiare costantemente forma grazie a dei piccoli muscoli ai quali è agganciata, detti muscoli ciliari. La strabiliante proprietà di questa lente sta proprio nel fatto che essa può, rispondendo alle esigenze della visione distinta, modificare il proprio potere diottrico fino a circa 34 diottrie nel soggetto giovane, cioè con una variazione di ben 14 diottrie.

Per ottenere ciò viene modificata la sua forma. da quella di una lente modicamente concava, a convessa.

L’accomodazione è una delle più fini proprietà oculari: la corteccia visiva risponde alla percezione dell’immagine sfuocata inducendo la modificazione del raggio di curvatura del cristallino o accomodazione del suo potere diottrico. Dunque il meccanismo dell’accomodazione visiva è essenziale per vedere bene e garantisce un alto grado di acuità visiva.

Questi legamenti sospensori sono tenuti costantemente in tensione per la trazione elastica esercitata dalle loro inserzioni alla coroide: la tensione sui legamenti fa sì che nelle normali condizioni di riposo dell’occhio il cristallino assuma una forma relativamente appiattita. In corrispondenza del punto in cui le fibre prendono rapporti con la coroide si trova il muscolo ciliare.

 

Neurofisiologia: controllo dell’accomodazione

L’accomodazione del cristallino è controllata con un meccanismo di feedback delle vie visive che automaticamente ottimizza il potere diottrico della lente, in modo tale da ottenere il miglior risultato in termini di acuità visiva.

Basti pensare che nell’arco di meno di un secondo il cristallino si accomoda in maniera perfetta: se infatti spostiamo rapidamente lo sguardo da un oggetto lontano ad uno vicino, la lente non va a tentoni, ma fa immediatamente un calcolo e si modifica per darci il fuoco ottimale. In realtà la scienza non conosce ancora fino in fondo le modalità che permettono una regolazione così fine ed accurata!

Il meccanismo dell’accomodazione

 

Near Triad Reflex: la meravigliosa triade per vicino

In realtà la messa a fuoco per vicino non è solo opera del cristallino ma della meravigliosa sinergia di tre riflessi. Viene definito near triad reflex la triade di riflessi per vicino che assicura la messa a fuoco. La triade consiste in accomodazione, convergenza e miosi della pupilla.

Vediamo in dettaglio i tre fattori che innescano questa reazione per vicino:

1. ACCOMODAZIONE = la adeguata modificazione di diottrie della lente cristallina

2. CONVERGENZA = il movimento sinergico dei muscoli oculomotori che posizionano gli assi visivi verso l’interno in modo che l’immagine dell’oggetto cada sulle fovee di entrambi gli occhi.

3. MIOSI = il riflesso di restringimento del foro della pupilla atto ad aumentare la profondità di fuoco per migliorare l’immagine.

Muscoli oculomotori

 

Quindi ora sappiamo che il meccanismo dell’accomodazione si attua in contemporanea con altre due modificazioni. È il cervello che guida il tutto, se quello che sto leggendo è sfuocato e il mio cervello sa come sono le lettere a fuoco manda il comando: dice agli occhi di convergere sulla pagina, alla pupilla di stringersi e al cristallino di regolare il potere diottrico della lente.

E voilà le lettere diventano nitide!

In definitiva in condizioni di normalità l’accomodazione si sviluppa come atto riflesso, senza cioè che il soggetto se ne renda conto o possa interferire sulla realizzazione dello stesso mediante un atto di volontà. Inoltre questo processo viene considerato un vero e proprio riflesso condizionato: dipende dalla visione retino-corticale sfocata ed ovviamente presuppone che la stessa immagine sia stata percepita in modo nitido a livello centrale in precedenza.

E’ cioè necessario che vi sia stata in passato una percezione ottimale dell’immagine cosicché le strutture corticali possano, confrontandole, valutare la migliore e apportare le correzioni anatomico-posturali più idonee alle esigenze attuali.

Guardare da vicino implica sempre un lavoro più intenso rispetto a guardare lontano. La definizione di near triad reflex spiega la sinergia di tre azioni: accomodazione, convergenza e restringimento della pupilla. I tre meccanismi riflessi agiscono insieme proprio per facilitare la visione da vicino.

 

In conclusione le tre funzioni (accomodazione, convergenza, miosi) sono indipendenti, ma simultaneamente evocate dall’impulso centrale della visione da vicino e quindi dallo sfuocamento dell’immagine retino- corticale. Non è meraviglioso? Vogliamo lasciare il Near Triad Reflex libero di operare?

Sia le lenti progressive che le lenti adottate per i bambini miopi interrompono la sinergia di queste tre funzioni, il Near Triad Reflex viene disattivato.

Gli occhi non possono convergere bene perché lo spazio della lente per guardare vicino è troppo piccolo, di conseguenza la pupilla non si restringe a sufficienza e la messa a fuoco da vicino risulta compromessa, la vista non può che continuare a peggiorare.

La stecca di Livingstone permette di valutare il rapporto accomodazione/convergenza

 

Applicando il Metodo Zandonella per diversi decenni ho imparato che quello che le persone desiderano è vedere bene con i propri occhi ed essere indipendenti da ogni ausilio per lo svolgimento delle attività quotidiane.

Una vista che permetta loro di mettere a fuoco gli oggetti d’interesse e di orientarsi e muoversi liberamente nello spazio.

Vorrebbero che gli occhi svolgessero propriamente il loro ruolo di organi di percezione per interagire attivamente con l’ambiente.

E’ proprio il processo di accomodazione che ci consente di usare gli occhi come organi di percezione, li rende vivi e partecipi a quanto accade fuori di noi e non meri strumenti di realizzazioni pratiche.

Gli occhi sono un organo spaziale

Ora rimane un ultimo importante punto di spiegazione. Abbiamo capito che il Near Triad Reflex è una triade di riflessi binoculari. I due occhi, nella loro condizione binoculare formano un unico grande occhio detto proprio occhio ciclopico responsabile della percezione dello spazio. Dobbiamo al nostro occhio ciclopico l’idea dello spazio, la sicurezza di avere un posto nel mondo dal quale vediamo le cose e gli altri.

Rappresentazione dell’occhio del ciclope

 

Vorrei farvi notare che questa percezione avviene con una precisione incredibile: esiste una corrispondenza punto a punto dei recettori retinici dei campi visivi dei due occhi. Ogni singolo recettore della retina di un occhio trasmette al cervello la sua posizione rispetto al recettore dell’altro occhio.

Questa puntuale corrispondenza retinica permette alle aree visive del cervello di mappare istante per istante lo spazio che ci circonda.

Il percorso delle vie visive

 

Possiamo immaginare la retina di ciascun occhio come una carta geografica con lo zero di Greenwich che corrisponde alla fovea. La visione binoculare è il mappamondo determinato dall’area di sovrapposizione delle due mappe e i punti retinici corrispondenti sono univocamente definiti per latitudine e longitudine. L’eccitazione di un punto retinico produce una sensazione luminosa che il cervello localizza sempre come proveniente dalla stessa direzione. La mappa è così puntualmente riconosciuta dal cervello che si crea un’idea precisa dello spazio, grazie al treno d’impulsi visivi.

Rappresentazione di come si sovrappongono i campi visivi  delle retine dei due occhi. Le zone gialla e rossa sono la porzione di campo visivo monoculare, l’area arancione rappresenta la porzione di campo visivo binoculare e la piccola zona al centro arancione scuro descrive il punto di sovrapposizione delle due fovee.

 

Ora cerchiamo di capire cosa accade se gli occhi non riescono a mantenere una fissazione stabile a causa delle lenti multifocali: il punto di fissazione non è mirato con direzione di sguardo ferma, ma uno dei due occhi o entrambi a turno, si spostano leggermente. Ragionando in termini di mappe e punti retinici, possiamo affermare che la corrispondenza retinica cambia e che di conseguenza anche le coordinate variano leggermente. Se pensiamo inoltre che questa variabilità di fissazione si modifica istante per istante, il messaggio che giunge al cervello per la valutazione dello spazio è un po’ confuso e sempre differente. Inoltre ricordiamo che con queste lenti lo spazio è suddiviso in piccoli settori: per lontano, media distanza e vicino. Le aree per esercitare la visione binoculare sono ridottissime, come muoversi chiusi dentro una scatola molto stretta.

Diciamo quindi che con le lenti progressive cambiano i nostri riferimenti spaziali perché sono variate le coordinate che li determinano. In altre parole lo spazio che abitiamo si è ristretto e non è più lo stesso: questo provoca confusione, nausea e vertigini.

Data la grande precisione d’informazione che i punti corrispondenti inviano alle aree visive del cervello, cambiando le coordinate retiniche, cambia anche l’esperienza corporea, cioè la propriocezione. La persona con le lenti multifocali non riesce più a rimanere dritta e tenere insieme le immagini dei due occhi. Per non vedere doppio mette in atto una serie di modifiche posturali e movimenti compensatori del capo: rovescia la testa indietro schiacciando le cervicali o sposta il capo di lato. Questo alla lunga crea squilibri posturali, disturbi dell’equilibrio e vertigini. Poi arrivano anche cervicalgia e problemi alla schiena.

Ma allora possiamo evitare le lenti progressive e i loro disturbi?

Sì, se calcoliamo bene come tenere viva e attiva l’accomodazione. Questo è quello che viene effettuato in una visita neuropsicologica visuo/spaziale.

Nel caso in cui la persona abbia sempre visto bene è importante verificare l’assetto visivo cioè eventuali disallineamenti oculari per vicino e per lontano. Correggendo l’assetto visivo con adeguati esercizi di Training Visivo Neuropsicologico riportiamo gli occhi nei giusti binari, io amo dire che in quel momento “la messa a fuoco mette il turbo”.

Il paziente affetto da un disturbo refrattivo, cioè che porta a occhiali o lenti a contatto, viene sottoposto a una batteria di test che permette di valutare la correzione ottimale per rispettare l’equilibrio delle tre componenti: accomodazione, convergenza, restringimento della pupilla (near triad reflex).

Valutiamo quindi un’unica correzione per poter vedere bene a tutte le distanze. Ammetto che per fare questo calcolo ci vogliono diverse misurazioni e tanta esperienza! Percettivamente la persona avrà la sensazione di “doverci mettere del suo” per accomodare, cioè di non essere troppo comodo, ma vedrà con la massima acuità visiva sia da vicino che da lontano. Quel piccolo impegno per focalizzare che la persona avverte ci garantisce che il sistema accomodativo sia vivo e attivo e si mantenga elastico. Cioè già solo portando questo tipo di correzione facciamo fare esercizio agli occhi. Praticando anche gli esercizi di Training Visivo il risultato sarà ottimale.

La paziente effettua il test con l’ala di Maddox per valutare l’allineamento degli occhi per vicino.

 

E la presbiopia esiste davvero?

La parola “presbiopia” viene dal greco, présbys che significa “vecchio” e ops “occhio”. Con questo termine non si definisce un difetto di vista ma una condizione d’invecchiamento dell’occhio.

La visione delle immagini vicine diviene difficoltosa a causa di un irrigidimento dei muscoli ciliari e della lente cristallino. L’oculistica ci propone la presbiopia come un problema inevitabile legato all’età. L’occhio vecchio ha il cristallino indurito e non è più in grado di accomodare. Nella pratica scopriamo che questo fatidico “fisiologico invecchiamento” varia molto da una persona all’altra e dipende dalla capacità individuale di mantenersi giovani ed elastici.  Sta a noi decidere se considerarci degli anziani incapaci di mettere a fuoco a diverse distanze o se cominciare a tenere in esercizio i nostri occhi. Se faccio fatica a deambulare per problemi alle articolazioni vado dal fisioterapista o ordino una sedia a rotelle per non camminare più? Io ho scelto di camminare e mantengo in equilibrio il mio Near Triad Reflex. Ai convegni medici stupisco sempre gli oculisti che sono seduti a fianco a me perché mi vedono leggere le slide lontane e prendere appunti senza cambi di occhiali, e mi chiedono meravigliati come faccio. Ma anche tanti pazienti hanno fatto la stessa mia scelta! (vedi sito www.rieducazionevisiva.it sezione testimonianze testimonianza di Maria Assunta)

Quali esercizi per la visione da vicino?

Nel Metodo Zandonella gli esercizi di acuità visiva da vicino vanno abbinati agli esercizi di fusione in convergenza per rispettare il riflesso della triade di visione per vicino.

Gli esercizi per vicino si basano sostanzialmente su questi tipi di azione muscolare riflessa per favorire la messa a fuoco:

1. Movimento di ammiccamento

2. Movimento di allontanamento e avvicinamento, che ha come misura la lunghezza del braccio.

3. Movimento di cambio di messa a fuoco da vicino a lontano.

4. Movimento in varie direzioni, cioè di versione, in convergenza.

Suggerimenti

Se vi accorgete di non vedere bene un testo da vicino non dite subito che state diventando vecchi ma domandatevi se c’è qualche stimolo che potete dare di aiuto per i vostri occhi. Se indossate una correzione lasciatevi venire il dubbio che magari sia troppo forte per voi.

Provate a:

1. Leggere con una buona fonte di luce per favorire il restringimento delle pupille.

2. Avvicinate e allontanate il testo lentamente ripetute volte e fermarsi con il testo a una distanza leggibile ma non troppo comoda.

3. Ogni tanto staccare lo sguardo dal testo e focalizzare un oggetto lontano, poi riguardate vicino.

4. Ammiccare spesso. Chiudere gli occhi inspirando, riapriteli espirando, e riguardate lo scritto.

Dovrebbe andare meglio.

Per maggiori informazioni potete accedere al sito www.rieducazionevisiva.it

 

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